"La Lotta Contro La Plastica e il PNRR del Governo Draghi"
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"LA LOTTA CONTRO LA PLASTICA E IL PNRR DEL GOVERNO DRAGHI"
Entro il 3 luglio di quest’anno gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno garantire che determinati prodotti
in plastica monouso non saranno più immessi sul mercato comunitario.
A stabilirlo è la direttiva UE 2019/904, provvedimento che vieta la vendita di cotton-fioc, posate, piatti, cannucce, palette, bastoncini per palloncini realizzati in plastica, nonché alcuni contenitori alimentari in polistirolo espanso.
I Ventisette paesi dell’Unione Europea hanno l’onere di recepire la direttiva nei rispettivi ordinamenti nazionali, affinché i relativi divieti entrino in vigore per la data concordata. Come ricorda il vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo Frans Timmermans “La riduzione della plastica monouso aiuta a proteggere la salute delle persone e del pianeta. Le norme UE rappresentano una pietra miliare nell’affrontare il problema dei rifiuti marini. Stimolano anche la nascita di modelli di business sostenibili e ci avvicina a un’economia circolare in cui il riutilizzo precede l’usa e getta”.
La Direttiva UE 2019/904 (Single-Use Plastic) è considerata dalla Commissione europea una misura storica nella lotta all’inquinamento dei mari, visto che l’80% dei rifiuti marini è costituito da materiali plastici.
L’Europa comincia la sua guerra alla plastica monouso, ma non tutti sono disposti a combatterla. In Italia questa direttiva sta suscitando polemiche e resistenze.
Il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha definito la direttiva “assurda” , quello dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti parla di “un approccio ideologico che penalizza le industrie italiane, lasciando sul terreno morti e feriti in termini di fallimenti aziendali e disoccupazione”. Gli stessi toni e termini arrivano dagli europarlamentari italiani di Lega e Fratelli d’Italia, che accusano l’UE di “furia ambientalista”.
A guidare la protesta è Confindustria: “Le linee guida sulla direttiva chiudono di fatto un intero settore industriale “, ha scritto il presidente Carlo Bonomi, dopo aver lanciato nei giorni scorsi altri strali contro la norma.A questo punto è naturale chiederci. Ma la transizione ecologica prospettata dal piano del nostro governo è davvero così radicale come è stata annunciata?
La completa neutralità climatica e lo sviluppo sostenibile sono effettivamente gli architravi di quella strategia per l’ammodernamento del Paese descritta dal premier Mario Draghi nell’introduzione al Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza (PNNR)?
Vediamo quello che dicono autorevoli ambientalisti .
“Si sta evocando una rivoluzione che nei fatti non avverrà “, dichiara Matteo Leonardi, co-fondatore di Ecco, gruppo di esperti ad altissimo livello impegnati al cambiamento climatico e alla transizione energetica. “I circa 78 miliardi contrassegnati come azioni per il clima non sono distribuiti in modo da innescare processi virtuosi di innovazione. Manca una visione forte per la de-carbonizzazione, sia sulle fonti di energia rinnovabile che sulla mobilità sostenibile. Senza parlare dell’efficienza energetica degli edifici, in cui si è deciso di confermare il super-bonus del 110 per cento per i privati ma si sono tagliati i fondi per l’efficientamento degli edifici pubblici “.
Altro elemento trascurato dal piano del Governo è il peso che un certo modello di produzione agro-alimentare può avere sull’ambiente. “ Il comparto agricolo è il grande assente dalla transizione verde “, sottolinea Federico Ferrario, responsabile della campagna agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia.
Molto interessanti e significative alcune targhe sostitutive che la stessa associazione ambientalista ha affisso per rinominare i ministeri nel nostro Paese più coinvolti nel PNRR .
Così il ministero della Transizione ecologica è stato ribattezzato “ministero della finzione ecologica “, quello delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili, guidato da Enrico Giovannini “ministero dei treni persi e dell’immobilità elettrica”, il ministero dello Sviluppo economico è diventato il “ministero dello sviluppo che distrugge il pianeta” e quello dell’agricoltura il “ ministero degli allevamenti intensivi e di altre attività inquinanti “.
Secondo lo stesso Greenpeace, Il PNRR contraddice completamente i dettami del “ nuovo patto verde “ e della strategia “ dalla fattoria alla tavola “ dell’Unione Europea. “ È stupefacente “, sottolinea ancora Ferrario, “che non vi sia nessun investimento per incrementare la superficie agricola dedicata all’agricoltura biologica, di cui noi siamo leader europei, o di investimenti in agro-ecologia per ridurre gli impatti del settore agricolo e creare valore aggiunto alle produzioni nazionali”.
Altro aspetto su cui Greenpeace punta il dito è quello relativo agli allevamenti intensivi.
“ Non c’è il minimo accenno alla revisione di un sistema che produce a livello globale il 14,5 per cento delle emissioni, contribuisce alla formazione di polveri sottili soprattutto in Pianura Padana e favorisce lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza”. Dal punto di vista dell’associazione ambientalista, le risorse del PNRR potevano essere usate adeguatamente per accompagnare gli allevatori verso un modello che prevedesse una riduzione dei capi allevati e una diminuzione dell’impatto ambientale e climatico. “ Invece si è scelto la normale e solita amministrazione , perpetuando un sistema che produce carne a basso costo e alimenta un futuro ad alto rischio”.
Riguardo alle nostre risorse idriche ,considerando che il nostro Paese è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e, in particolare, all’aumento delle ondate di calore e delle siccità l’Italia deve affrettarsi a un ammodernamento delle infrastrutture idriche che sono vetuste perché ormai è chiaro che alcune aree del Paese avranno un clima sempre più simile a quello nordafricano e alcune coltivazioni in prospettiva dovranno cambiare.
Il problema è che nella nostra Italia al momento non si programma il futuro.
L’Italia non ha nemmeno un coordinamento nazionale climatologico che si preoccupi di dire come gestiremo i cambiamenti ambientali tra quindici anni.
Una riflessione finale : ma non è che utilizzare parole come prevenzione , ricerca e sostenibilità sta diventando solo una moda .
Pantaleone Pagliula