San Gregorio Armeno patrono di Nardò 4
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Figura e maniera in San Gregorio Armeno patrono di Nardò
L’opera rientra nel genere di statue argentee a mezzo busto sei - settecentesche di solito impiegate come reliquiari di martiri, patroni e nuovi santi della Controriforma, da portare in processione e da custodire, per la venerazione dei fedeli in chiesa (fig. 9, Simulacro del Santo, cattedrale, foto di Michele Onorato, tratta da “Festeggiamenti di S. Gregorio Armeno, Nardò 18, 19, 20 febbraio 2012”, Diocesi Nardò - Gallipoli, Comitato feste patronale (foto da copertina).
Alla fine del ‘600, nelle statue - reliquiari di scuola napoletana, si abbandona la minuta ornamentazione cesellata, si preferisce un modellato sbalzato, con struttura volumetrica fortemente rigonfia, pressoché in linea con le scultore del Finelli e Bolgi, per un berninismo vitale e rigorosamente barocco 20. E, a questo gusto, non si sottrae il busto di Nardò, custodito in cattedrale e datato 1717 (alto 80 cm, largo 66 e lungo 40).
Il Santo, scrive il Gaballo, indossa i paramenti vescovili, con la mano sinistra impartisce la benedizione, nel petto è inserita la reliquia e nel dito anulare destro porta l’anello d’argento con smeraldo. L’opera venne realizzata dall’apprezzato argentiere napoletano Nicola Alvino, 21 su commissione del vescovo Antonio Sanfelice, come indicano le parole incise sul libro tenuto dal Santo: “A. S. Gregorio della grande Armenia vescovo e martire protettore dei neretini il vescovo Antonio Sanfelice secondo il voto (fece) l’anno del Signore 1717” 22.
La napoletanità del busto si scorge nel grande movimento della superficie argentea in cui la luce segue un percorso autonomo rispetto alla forma, guizzi e avvolgimenti di pieghe sembrano debordare oltre i contorni, con il pallio dorato in aggetto e il Vangelo oltre la forma del busto, quasi una gemmazione volumetrica, evidenziata dall’elasticità prensoria della mano sinistra. L'opera risente di un certo pittoricismo ottico, in quanto la plastica della lamina argentea si offre alla ricchezza dei riflessi atmosferici (specie in processione) o d’ambiente, come se la scultura volesse disperdere o sublimare il proprio volume. Tuttavia lo sguardo diretto del Santo e l’assetto in asse, bloccano, per così dire l’esuberanza pittorica, impedendo qualsiasi sviluppo in torsione, senza alcun indizio di scorcio, le uniche linee oblique sono del libro e della croce patriarcale. Insomma, nonostante il crepitante barocco, la figura rimane avvolta in una luce smaterializzante, un chiarore irraggiante, se si vuole neoplatonico (fig. 11, su elaborazione foto 9 di M. Onorato).
20.VALERIO DAL GAI, Napoli capitale vicereale, luci e ombre partenopee, in Storia dell’ Arte, Il Barocco, vol.X, Electa Espresso, Milano, 2006, pp. 736 -737
21.MARCELLO GABALLO, Il Busto di San Gregorio Armeno, tra i tesori in argento della diocesi di Nardò, “Fondazione Terra d’Otranto” del 11.02. 2020, cfr. anche Giovanni Baraccesi, Capolavori di oreficeria nella cattedrale di Nardò, Quaderni degli archivi diocesani di Nardò e Gallipoli – Nuova serie – Supplementi V, Congedo Galatina 2013 (fonte citata dal Gaballo)
22.E.MAZZARELLA, La Sede vescovile di Nardò, Editrice Salentina Galatina, 1972, p. 239