San Gregorio Armeno patrono di Nardò 1
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Figura e maniera in San Gregorio Armeno patrono di Nardò
Vicenda agiografica e patronato
Gregorio, fervente sacerdote cristiano, nacque in Armenia nel 260, fu ordinato vescovo nel 314, in occasione del sinodo di Cesarea nel 314. Nel corso della sua vita si prodigò per sostenere ed evangelizzare il suo popolo e, a causa del suo rigore morale e dottrinale, subì il carcere e la tortura, restando per la Chiesa un martire, sebbene la sua morte fu incruenta. Per il suo apostolato venne soprannominato l’ “illuminatore”, quando morì, così si dice, intorno al 328 nell’eremitaggio del monte Sabuh, il suo corpo rimase a lungo insepolto, solo grazie alla luce che emanava fu ritrovato e adorato da tutto il popolo Armeno 1.
Dopo oltre 4 secoli nel 761 circa, genti armene e monaci basiliani, per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste, scapparono oltremare per approdare a Santa Caterina di Nardò, portandosi appresso alcuni resti sacri di San Gregorio 2, loro protettore e il celebre crocifisso nero 3. Sul terremoto, il miracolo (o avvertimento), il secolare patronato del Santo sulla città (che risale al IX sec 4, anche per l’influenza episcopale basiliana), la devozione popolare, l’azione dei vescovi, il rapporto con gli altri patroni della città, le vicende della Chiesa neretina riguardo S. Gregorio ecc., sono argomenti già ampiamente trattati altrove e, non è intendimento di questo scritto, ripercorrere fatti già noti.
La finalità di questo lavoro, invece, è quella di tracciare un profilo storico artistico delle immagini di San Gregorio, almeno per quelle opere che risultano accessibili e fotografabili, cogliendone varianti configurative, persistenze formali e valori iconologici.
Alcune immagini gregoriane - Sedile di Città
Il pubblico seggio, scrive il Tafuri, “fu ultimamente abbellito nel prospetto con un nobil finimento, essendovi state collocate alcune statue, come quella del glorioso Martire S. Gregorio Armeno principal protettore della città nel mezzo, e dall’una, e l’altra parte quella di S. Michele Arcangelo, e di S. Antonio di Padova anch’essi comprotettori della medesima” 5 (fig. 1). Quindi la statua del Santo, probabilmente è della fine ‘600 6, cioè quella interessata dal terremoto, alta e imponente sta al centro del fastigio, il vescovo armeno indossa il piviale aperto davanti e fissato sul petto da un fermaglio, sul capo la consueta mitra (latina), mentre con la mano sinistra regge il bastone pastorale. Sebbene sia una scultura a tutto tondo, considerata la lontananza, il S. Gregorio si presta per una visione piana frontale, quindi si attenua la necessità di cambiare punto di vista mentale, per ricomporre percettivamente la tridimensionalità (venendo meno l’obbligo del cubico, secondo una lettura hildebrandiana 7), in questo modo la figura assume un centro stabile di quiete in asse (fig. 2). È il rilievo plastico e tattile a dare, invece, movimento e profondità alla scultura: un soffio di vento pare muovere il piviale, un lembo si adagia sull’anca sinistra protesa in avanti, si genera un movimento a S del paramento liturgico - anca che si collega al pastorale inclinato.
Altrettanto evidenti sono i vividi contrassegni funzionali, cioè l’espressività del volto: mento sollevato, narici dilatate, naso gibboso, bocca nervosamente semiaperta (e forse anche sdentata), barba guizzante e incisa, inoltre gli zigomi appaiono tirati e lo sguardo si fa penetrante in ragione delle pupille incise. Un aspetto, nel complesso, severo e austero che diventa, al pari dell’intera composizione, valore formale. In altre parole i contrassegni funzionali 8 si traducono in forma visibile, nel riordino bilanciato globale tra espressività incisa (funzionale) e quieta configurazione (fig.3).
Nel Barocco leccese tra sculture di santi, con movenze estatiche, pietistiche o devozionali, oppure di molli e paffuti angeli-putti convenzionali le cui teste, come nella statuaria di cartapesta, sono intercambiabili a seconda della funzione agiografica, il San Gregorio di Nardò appare, invece, come figura in sé conchiusa ed essenziale e, a suo modo, classica. Pagina 1
1 Per la biografia del santo si rimanda a Giuliano Santantonio, San Gregorio Illuminatore, opuscolo della Curia Vescovile di Nardò, 20 Febbraio 1743 - 1993, 250° Anniversario, Grafo 7 Editrice Taviano, 1993, pp. 7 -9. Si veda inoltre https://www.santiebeati.it/dettaglio/72525 , San Gregorio illuminatore vescovo, apostolo degli Armeni, a cura di Antonio Borrelli.
2 Pantaleo Ingusci, Nardò tra Storia e Arte, Capone editore Lecce, 1980, pp. 33 -34.
3 A fronte del restauro del 1954 risulta del XIII sec., attribuito a maestranze catalane operanti a Napoli, se non altro per quel che riguarda la figura di Cristo. Marina Falla Castelfranchi, I Monumenti a Nardò dal XIII al XVIII secolo, in Città e Monastero I Segni urbani di Nardò, a cura di Benedetto Vetere , Congedo Galatina, 1986, p. 252.
4 Emilio Mazzarella, La Cattedrale di Nardò, Congedo Galatina, 1982, p. 119.
5 Giovan Bernardino Tafuri, Dell’Origine, sito ed antichità della città di Nardò (1735), a cura di Massimo Perrone, Nardò 2016, libro I, cap. III, p. 49
6 M. F. Castelfranchi, I Monumenti a Nardò, cit. 264
7 Adolf Von Hildebrand, Il Problema della Forma (1894), a cura di Andrea Pinotti, Fabrizio Scrivani, Aestetica Palermo, 2001, pp. 71 -73.
8 Ivi, p. 979